testicolo in ascensore

Il testicolo in ascensore, conosciuto anche come testicolo retrattile, rappresenta un’anomalia della mobilità testicolare in cui uno o entrambi i testicoli tendono a risalire frequentemente dalla posizione scrotale a quella inguinale.

Questa condizione, spiega il Dottor Alessandro Izzo, specialista urologo e andrologo a Napoli, non costituisce una patologia vera e propria, ma piuttosto un’anomalia che si differenzia dal criptorchidismo, dove il testicolo rimane ritenuto in addome o a livello inguinale in modo permanente. Tuttavia, il testicolo retrattile può essere riposizionato manualmente nella sua posizione scrotale in alcuni casi.

I testicoli retrattili, o in ascensore, possono comparire a tutte le età, ma sono più frequenti in due momenti della vita: nell’età perinatale e durante l’adolescenza. Anche l’obesità infantile può predisporre a questa condizione patologica.

Pur non presentando solitamente grandi rischi, il testicolo retrattile nel tempo può causare una degenerazione (atrofia) del testicolo coinvolto a causa di una sofferenza vascolare. Va sottolineato che la risalita del testicolo nel canale inguinale può predisporre all’infarto testicolare, una condizione nota come torsione del funicolo spermatico.

La comprensione di questa condizione è essenziale per garantire un trattamento tempestivo e prevenire eventuali complicazioni. Sebbene il testicolo retrattile non rappresenti di per sé una grave minaccia alla salute, il monitoraggio regolare e, se necessario, il trattamento sono cruciali per evitare complicazioni a lungo termine.

Sintomi e manifestazioni del testicolo in ascensore

I sintomi del testicolo in ascensore possono variare da individuo a individuo e possono manifestarsi in modi diversi.

Tra i segni e i sintomi più comuni ci sono:

  • Possibilità di spostare manualmente il testicolo: uno dei sintomi caratteristici del testicolo in ascensore è la capacità di spostare manualmente il testicolo dall’inguine alla posizione corretta nello scroto. Questo può essere osservato durante l’autoesame dei testicoli o durante un esame clinico.
  • Riposizionamento spontaneo: in alcuni casi, il testicolo retrattile può ritornare spontaneamente nella sua posizione corretta nello scroto per un periodo di tempo variabile. Questo fenomeno può verificarsi in modo imprevedibile e può essere osservato dai pazienti o dai loro medici.
  • Risalita spontanea nell’inguine: allo stesso modo, il testicolo in ascensore può risalire spontaneamente nell’inguine per un breve periodo. Questo movimento può essere osservato e avvertito dai pazienti e può causare preoccupazione per la sua imprevedibilità.

La mobilità del testicolo generalmente non causa dolore significativo. Tuttavia, alcuni pazienti potrebbero avvertire una sensazione di disagio o tensione durante il movimento del testicolo.

Inoltre, i sintomi possono verificarsi in uno o entrambi i testicoli, che hanno un comportamento autonomo ed indipendente l’uno dall’altro. La comprensione dei sintomi del testicolo in ascensore è fondamentale per riconoscere e gestire questa condizione in modo appropriato.

Cause e fattori di rischio del testicolo in ascensore

Il testicolo in ascensore è una condizione legata al comportamento iperattivo del muscolo cremastere, il quale ha il compito di regolare la temperatura del testicolo per evitare surriscaldamenti durante lo sviluppo. Questo muscolo, che alloggia il testicolo, può contrarsi e rilassarsi in risposta a vari stimoli, compresi i cambiamenti di temperatura e gli sforzi fisici. In alcuni individui, questa contrazione può essere eccessiva e protrarsi oltre il normale, determinando la risalita del testicolo nel canale inguinale.

La contrazione del muscolo cremastere è particolarmente influenzata dalle temperature esterne: quando fa freddo, il muscolo si contrae, tirando il testicolo verso l’inguine per mantenere una temperatura adeguata; quando fa caldo, il muscolo si rilassa, consentendo al testicolo di scendere nello scroto per mantenere una temperatura più fresca. Tuttavia, in alcuni casi, questa contrazione può avvenire in modo eccessivo e frequente, portando alla formazione del testicolo in ascensore.

Alcuni fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di sviluppare un testicolo retrattile includono:

  • Obesità infantile: l’obesità durante l’infanzia può predisporre a questa condizione patologica, poiché il tessuto adiposo eccessivo può interferire con il normale funzionamento del muscolo cremastere.
  • Cambiamenti ormonali: le variazioni nei livelli ormonali durante la pubertà e oltre possono influenzare la contrazione e il rilassamento del muscolo cremastere, contribuendo alla risalita del testicolo.
  • Fattori genetici: è stato suggerito che il testicolo retrattile possa avere una componente genetica, con una maggiore incidenza osservata in famiglie con una storia di questa condizione.
  • Cambiamenti ambientali: l’esposizione a temperature esterne estreme o a condizioni climatiche particolarmente calde o fredde può influenzare la contrazione del muscolo cremastere e contribuire alla formazione del testicolo in ascensore.
  • Attività fisica intensa: lo svolgimento di attività fisica intensa o sforzi prolungati può stimolare la contrazione del muscolo cremastere e favorire la risalita del testicolo nell’inguine.

Sebbene questi fattori possano aumentare il rischio di sviluppare un testicolo in ascensore, non tutti i soggetti con questi fattori di rischio svilupperanno necessariamente questa condizione.

Complicazioni e trattamento del testicolo in ascensore

Un paziente con testicolo in ascensore può essere maggiormente esposto al rischio di alcune complicazioni, tra cui il testicolo ascendente, problemi di fertilità e torsione del testicolo. La torsione testicolare, in particolare, rappresenta una delle complicanze più gravi associate al testicolo in ascensore. Questa condizione si verifica quando il funicolo spermatico, che fornisce sangue al testicolo, si torce su se stesso, causando una riduzione del flusso sanguigno e, in alcuni casi, la morte del tessuto testicolare.

L’obesità, come specificato prima, rappresenta un importante e frequente fattore di rischio per lo sviluppo di questa condizione. Infatti, l’eccesso di tessuto adiposo può interferire con il normale funzionamento del muscolo cremastere, aumentando la probabilità di risalita del testicolo nell’inguine. Questo può avere conseguenze gravi sulla funzione testicolare e sulla fertilità maschile, poiché il testicolo è responsabile della produzione di spermatozoi e degli ormoni sessuali maschili.

La valutazione e la gestione del testicolo in ascensore sono cruciali per prevenire eventuali complicazioni a lungo termine. La visita urologica mira a valutare lo stato dei genitali esterni, con particolare attenzione allo sviluppo dei testicoli e alle loro caratteristiche obiettive. L’ecografia e il color-doppler testicolare rappresentano importanti accertamenti per valutare le caratteristiche vascolari e strutturali dei testicoli e degli elementi intrascrotali.

Il trattamento del testicolo in ascensore dipende dalla gravità dei sintomi e dalla presenza di eventuali complicazioni. Nei casi lievi, può essere sufficiente monitorare la condizione e adottare misure conservative, come l’applicazione di ghiaccio sulla zona interessata per ridurre il gonfiore e il dolore. Tuttavia, nei casi più gravi o complicati, può essere necessario ricorrere a interventi chirurgici per correggere la posizione del testicolo e prevenire la torsione testicolare.

La terapia chirurgica prevede un intervento mini-invasivo eseguito in anestesia locale. Attraverso una piccola incisione sullo scroto, il testicolo viene fissato con piccoli punti di sutura per evitare potenziali torsioni. La procedura è generalmente ben tollerata e il paziente può essere dimesso dopo un breve periodo di osservazione post-operatoria. È fondamentale seguire attentamente le istruzioni del medico dopo l’intervento e partecipare a tutti i follow-up programmati per monitorare il recupero e prevenire eventuali complicazioni.

La salute genitale maschile è un argomento di importanza cruciale che spesso viene trascurato o sottovalutato. I traumi genitali, in particolare la frattura del pene, possono causare dolore intenso e avere implicazioni significative sulla salute sessuale e la qualità della vita di un uomo. Questo articolo mira a porre l’attenzione su questi rischi e a fornire una guida chiara sulla prevenzione di traumi genitali maschili.

Frattura del pene: sintomi, cause e rischi

La frattura del pene è una condizione dolorosa e potenzialmente invalidante che si verifica quando il tessuto erettile all’interno del pene, noto come corpo cavernoso, si rompe a causa di un trauma significativo. I sintomi comuni includono un suono di “scoppio” durante l’atto sessuale, dolore acuto, gonfiore e, talvolta, la comparsa di ecchimosi. Le cause tipiche di frattura del pene includono movimenti bruschi durante l’erezione o l’atto sessuale, come l’angolazione forzata o l’impiego di forza eccessiva.

Entrando maggiormente nel dettaglio, la frattura del pene – frattura peniena, spiega il Dottor Izzo, Urologo e Andrologo a Napoli, è una lesione rara e dolorosa che può verificarsi durante il rapporto sessuale. La frattura del pene, o rottura dei corpi cavernosi, non ha nulla a che vedere con una frattura ossea: infatti, è una rottura delle strutture del pene responsabili dell’erezione, ossia i corpi cavernosi e la guaina del pene (tunica albuginea). Poiché può causare danni alla funzione sessuale e urinaria di un uomo, è importante rivolgersi all’andrologo urgentemente in caso di sospetta frattura del pene.

I sintomi di una frattura del pene includono:

  • sentire un rumore di rottura (crak!)
  • sanguinamento dal pene;
  • lividi di colore scuro al pene;
  • difficoltà urinarie;
  • perdita improvvisa dell’erezione;
  • dolore che varia da medio a forte.
  • gonfiore penieno

La frattura del pene spesso causa ciò che è definita “deformazione a melanzana”, condizione in cui il pene appare gonfio e di colore viola. Rari sintomi di una frattura del pene comprendono anche gonfiore allo scroto, sangue nelle urine e perdita di sangue dall’uretra (uretrorragia).

Il tessuto erettile del pene è rappresentato da due tubi cilindrici che prendono il nome di corpi cavernosi e che, riempiendosi di sangue, sono responsabili dell’erezione. Quando il pene è eretto, uno o entrambi i corpi cavernosi possono rompersi, con conseguente frattura del pene. Questa patologia di solito si verifica principalmente quando il pene è eretto. Un pene flaccido tipicamente non si frattura perché i corpi cavernosi non sono abbastanza turgidi da subire una tensione da rottura.

La maggior parte dei casi di frattura del pene si verifica durante un rapporto sessuale. L’infortunio di solito avviene quando un uomo viene spinto contro l’osso pubico o contro il perineo.

Tuttavia, una frattura del pene si è verificata storicamente anche nei seguenti casi:

  • pratiche sessuali non convenzionali;
  • ribaltamento a letto su un pene eretto;
  • pene eretto che colpisce un oggetto, ad esempio un telaio della porta o mobili;
  • caduta incidentale dell’uomo sul pene eretto.

Altre cause di frattura del pene possono essere:

  • incidenti stradali
  • incidenti motociclistici o in bicicletta
  • morsi di animali che possono causare anche una lacerazione del pene e perdita di sostanza

I rischi associati a una frattura del pene non trattata o trattata in modo inadeguato possono includere la formazione di cicatrici e deformità, nonché disturbi dell’erezione e problemi sessuali. È fondamentale cercare immediatamente assistenza medica se si sospetta una frattura del pene, in quanto il trattamento tempestivo può contribuire a ridurre al minimo le complicanze a lungo termine.

 

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Traumi genitali maschili: cause e tipologie

I traumi genitali maschili possono essere causati da una serie di incidenti e situazioni. Incidenti domestici, incidenti sportivi, cadute e collisioni possono tutti portare a lesioni genitali. Le tipologie di traumi possono variare da contusioni e graffi superficiali a lesioni più gravi come la frattura del pene o il danneggiamento dei testicoli. Anche l’uso eccessivo di abbigliamento stretto o dispositivi di costrizione può portare a traumi genitali.

Le lesioni sportive sono un’altra fonte comune di traumi genitali maschili, specialmente in sport di contatto o ad alto impatto. Atleti e sportivi sono spesso più esposti a traumi genitali, quindi l’adozione di misure preventive e l’utilizzo di protezioni adeguate possono ridurre significativamente il rischio di lesioni.

Diagnosi di frattura del pene

L’andrologo, in genere, può diagnosticare una frattura del pene semplicemente ispezionandolo e visitando il paziente. Possono essere anche utilizzati esami come l’ecografia, che sfrutta le onde sonore per rilevare anomalie e individuare l’area esatta dove il pene è stato danneggiato, o, ancora, esami radiografici. Per meglio definire le caratteristiche delle strutture danneggiate, si può ricorrere anche ad indagini di secondo livello come la risonanza magnetica.

Sintomi e trattamento dei traumi genitali

I sintomi dei traumi genitali possono variare a seconda della gravità dell’incidente. I sintomi comuni includono dolore, gonfiore, lividi e sanguinamento. In caso di frattura del pene, i sintomi possono essere particolarmente intensi e possono richiedere un intervento medico urgente. Il trattamento dipende dalla gravità del trauma, ma in generale è importante applicare subito ghiaccio sulla zona interessata per ridurre gonfiore e dolore.

In caso di sospetta frattura del pene o di altri traumi gravi, è fondamentale cercare immediatamente assistenza medica. L’approccio terapeutico può variare da misure conservative, come il riposo e l’assunzione di antidolorifici, a interventi chirurgici più complessi, specialmente nel caso di frattura del pene.

I trattamenti possono essere rimedi di soccorso, farmacologici o chirurgici.

Tra i rimedi troviamo:

  • L’applicazione di impacchi di ghiaccio coperti di stoffa in cicli di 10 minuti;
  • Utilizzo di un catetere di Foley per svuotare la vescica e ridurre i traumi al pene, se non si sospetta trauma uretrale;
  • Assunzione di farmaci anti-infiammatori per ridurre il dolore e gonfiore.

Occasionalmente, l’andrologo consiglia di avvolgere il pene e posizionarlo in modo da ridurre la pressione. I rimedi casalinghi non sono consigliati poiché una risoluzione non completa può provocare ancora dolore e problemi di erezione. Di conseguenza, molti andrologi raccomandano il trattamento chirurgico.

Il trattamento chirurgico può variare in base alla entità delle ferite ottenute. La maggior parte degli interventi sono mirati a:

  • Trattare ematomi (accumuli di sangue) causati della frattura;
  • Arrestare l’emorragia di eventuali vasi sanguigni danneggiati;
  • Suturare eventuali tagli o lacerazioni del pene che possono causare sanguinamento.

Se i danni sono maggiori, l’andrologo può intervenire per suturare e ricomporre i tessuti danneggiati del pene, anche nel caso di danni all’uretra. Una frattura del pene non trattata può portare a deformazione permanente o disfunzione erettile.

 

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Prevenzione dei traumi genitali: linee guida e suggerimenti

La prevenzione è la chiave per evitare traumi genitali maschili. Una delle strategie principali è l’uso di attrezzature protettive, come caschetti durante l’attività sportiva o abbigliamento adeguato. Durante l’attività sessuale, è importante essere attenti ai movimenti e alle posizioni per evitare angolazioni forzate del pene.

Gli esercizi di allungamento e rafforzamento dei muscoli pelvici possono contribuire a migliorare la flessibilità e la resistenza dell’area genitale, riducendo il rischio di lesioni durante l’attività sessuale. Inoltre, è importante praticare lo sport in modo sicuro, adottando precauzioni per evitare traumi genitali durante le attività fisiche.

Importanza della salute genitale maschile

La prevenzione dei traumi genitali maschili non riguarda solo la protezione da incidenti dolorosi, ma ha un impatto significativo sulla salute sessuale e generale degli uomini. Mantenere un’adeguata igiene e cercare assistenza medica tempestiva in caso di sospetti traumi possono contribuire a preservare la funzionalità genitale e il benessere complessivo. La comunicazione aperta con i professionisti medici e la partecipazione attiva nella prevenzione possono svolgere un ruolo cruciale nel mantenimento della salute genitale maschile.

varicocele

Il varicocele è una condizione in cui le vene del testicolo si dilatano e diventano tortuose. Sebbene non sia pericoloso per la vita, il varicocele può causare dolore, gonfiore e persino diminuzione della fertilità. Esistono diverse opzioni di trattamento per questa patologia, tra cui l’intervento chirurgico e la scleroterapia. In questo articolo ci concentreremo sulla microchirurgia del varicocele, una tecnica mini-invasiva che utilizza tecniche di microscopia per ridurre al minimo il danno ai tessuti circostanti.

Cos’è il varicocele

Il varicocele è una patologia molto diffusa ed è legata all’incompetenza venosa del plesso pampiniforme. Si tratta di una dilatazione del circolo venoso principale del testicolo, la vena gonadica, che comporta un’alterazione della circolazione nel testicolo e un conseguente danno al testicolo stesso. E’ una malattia che insorge solitamente tra i 15 e i 25 anni di età e, molto raramente, in età avanzata. Generalmente, spiega il Dottor Izzo, Urologo e Andrologo a Napoli, colpisce il lato sinistro ma, a volte, può essere presente anche a destra.

uva-sotto-spirito

Il sistema venoso testicolare costituisce il plesso pampiniforme, una “rete venosa” che decorre all’interno del funicolo spermatico. Le vene che lo formano, per varie ragioni, possono dilatarsi, allungarsi, rendersi tortuose ed incompetenti, il che esita in una stasi venosa di diversa entità a seconda dei casi.

Evidenti possono essere, quindi, le conseguenze sulla funzione gonadica: ormonosintetica (produzione del testosterone) e spermatogenetica (produzione di spermatozoi).

I meccanismi del varicocele

Il varicocele si sviluppa a causa dell’alterazione del flusso nella vena gonadica. Quando le valvole che regolano il flusso sanguigno nelle vene testicolari non sono perfettamente funzionanti, il sangue non defluisce completamente e ristagna all’interno delle vene. Tale processo genera un’ectasia delle vene testicolari e determina un aumento di temperatura nella zona testicolare, che può portare ad infertilità, oltre a una riduzione dell’ossigeno, a causa del ristagno venoso del sangue e delle sostanze tossiche provenienti da rene e surrene che esso trasporta.

I dati confermano che il testicolo sinistro è maggiormente soggetto allo sviluppo di un varicocele, poiché la vena spermatica a sinistra sbocca nella vena renale fra due arterie, l’arteria mesenterica superiore e l’aorta, che possono generare una compressione sulla vena renale e bloccarne il completo flusso.

Cause del varicocele

La patogenesi, ovvero le cause del varicocele, non è effettivamente nota. E’ probabile che lo sviluppo del varicocele sia indotto da una fragilità congenita delle pareti venose e da un’incontinenza delle valvole che regolano il flusso di sangue.

Sintomi del varicocele

Gran parte dei casi di varicocele non comporta sintomi evidenti, i quali dipendono dalla dimensione della patologia. Nei casi in cui la condizione del varicocele è sufficiente a provocare sintomi chiari, possono manifestarsi:

  • dolore al testicolo
  • senso di pesantezza al testicolo
  • atrofia del testicolo
  • plesso ingrandito
  • problemi di infertilità

Questa patologia determina un insulto cronico al testicolo che può essere causa di dolore, associato alla pressione eccessiva del sangue nelle vene dilatate, in determinate posizioni assunte per lungo tempo o durante uno sforzo fisico.

E’ molto frequente riconoscere il varicocele nei casi in cui esso comporta l’infertilità, essendo un sintomo molto diffuso di esordio della patologia.

Per riconoscere il varicocele è necessario sottoporsi a un adeguato inquadramento specialistico che abbini alla clinica, e quindi alla visita andrologica, un’attenta valutazione strumentale (ecocolordoppler), seminale (esame del liquido seminale) ed, eventualmente, ormonale.

Alterazione del liquido seminale (spermiogramma)

La gravità dell’alterazione va dalla completa assenza di spermatozoi (azoospermia) fino ad una lieve riduzione del numero (oligospermia). Il varicocele rappresenta una delle cause, o meglio concause, della riduzione della qualità dello sperma anche se il miglioramento del quadro seminale non può essere sempre garantito al 100 %.

Dolore

Il dolore scrotale, ed in particolare emiscrotale sinistro, può essere causato dal varicocele, in particolare da quelli di grado più severo. Il dolore può accentuarsi stando tanto tempo in piedi o durante un’attività fisica più o meno intensa. E’ lo specialista a escludere altre cause di dolore testicolare attraverso una visita approfondita e le indagini strumentali disponibili (ecografia e color-doppler scrotale).

Testicolo sinistro più piccolo del destro (asimmetria dello sviluppo testicolare)

Condizione frequente e da valutare durante l’adolescenza: da qui, da sottolineare l’importanza della prevenzione. In molti casi il varicocele può essere causa di asimmetria testicolare. Sostanzialmente, il testicolo sinistrato, gravato dal “peso” del varicocele, cresce e si sviluppa con maggiore fatica rispetto al controlaterale.

In rari casi possono esservi aspetti di natura estetica, soprattutto per varicocele particolarmente importante, configurando un aspetto “a grappolo di vermi” a carico dell’emiscroto sinistro.

Prestazione clinica

L’esame obiettivo dei genitali esterni, e in particolare della borsa scrotale, costituisce un elemento indispensabile per una corretta visita andrologica.

Il varicocele viene classificato, in base alle caratteristiche cliniche in:

  • Varicocele subclinico: quando il varicocele non è palpabile, né visibile. Può essere evidenziato solo con la diagnostica strumentale
  • Varicocele di I grado: quando è palpabile solamente durante la manovra di Valsalva
  • Varicocele di II grado: quando è palpabile a riposo
  • Varicocele di III grado: quando è palpabile ma anche visibile

L’esperto andrologo, inoltre, completa l’esame attraverso la valutazione completa dei testicoli, della loro dimensione e consistenza, elementi centrali per orientare il più scrupoloso giudizio prognostico.

Diagnosi del varicocele

La diagnosi del varicocele viene effettuata attraverso un esame fisico o un’ecografia scrotale. I medici classificano il varicocele in base alla gravità secondo “classificazione di Sarteschi”, dal grado 1 (lieve) al grado 5 (grave). Anche se il varicocele può essere presente in entrambi i testicoli, è più comune nella parte sinistra dello scroto.

L’indagine principe nella diagnosi del varicocele è l’eco-color-doppler scrotale.

Attraverso questo studio è possibile definire con accurata precisione non solo le dimensioni, la morfologia e il profilo testicolare, ma anche le caratteristiche della vascolarizzazione arteriosa e venosa di entrambi i testicoli.

L’indagine completa la valutazione clinica, permettendo di classificare il varicocele in termini di durata ed entità. Inoltre, indispensabile è la valutazione seminale, attraverso l’esecuzione dello spermiogramma, attenendosi ai criteri WHO 2021.

In alcuni casi, può rendersi necessaria una completa valutazione ormonale al fine di definire il giudizio diagnostico e l’orientamento terapeutico.

Trattamento del varicocele

Il trattamento del varicocele dipende dal grado di gravità e dai sintomi. In alcuni casi, il varicocele può essere monitorato e trattato solo se i sintomi peggiorano. In altri casi, il trattamento può essere necessario per alleviare il dolore o per migliorare la fertilità.

Le opzioni di trattamento per il varicocele includono l’intervento chirurgico e la scleroterapia. L’intervento chirurgico è l’opzione più comune ed efficace. La scleroterapia è un’alternativa meno invasiva all’intervento chirurgico. Tuttavia, è meno efficace e può richiedere più di una seduta.

L’approccio chirurgico al varicocele che eseguiamo di routine è la tecnica microchirurgica, dove attraverso una piccola incisione subinguinale di circa tre cm viene esposto il funicolo spermatico e, con l’ausilio di un doppler intraoperatorio e di un sistema di ingrandimento ottico, si procede alla dissezione delle vene ectasiche, garantendo la preservazione dei vasi linfatici e delle arterie del testicolo.

Altri approcci chirurgici possono essere:

  • Approccio sovrainguinale o retroperitoneale (Ivanissevich e Palomo)
  • Inguinale
  • Subinguinale

Da alcuni anni è possibile trattare il varicocele anche con tecnica di sclero-embolizzazione, transfemorale o transbrachiale; tale tecnica, tuttavia, espone il paziente all’azione di radiazioni ionizzanti (Raggi X), in particolare i testicoli, ed è, per tale motivo, una tecnica non sempre consigliabile.

Altra tecnica di sclero-embolizzazione è quella anterograda (sec. Tauber) che, attraverso un approccio chirurgico sub-inguinale ed esposizione del funicolo spermatico, prevede l’incannulamento di una delle vene costituenti il plesso pampiniforme e successiva iniezione di sostanza sclerosante. Anche questa tecnica espone il paziente a radiazioni ionizzanti (raggi X).

L’altra tecnica, ormai, per fortuna, quasi completamente abbandonata, è quella laparoscopica, usata molto in passato, ma che espone il paziente ad un rischio operatorio molto alto considerata la natura benigna della patologia.

Microchirurgia del varicocele

microchirurgia-del-varicoceleLa microchirurgia del varicocele è una procedura chirurgica mini-invasiva che utilizza tecniche di microscopia per ridurre al minimo il danno ai tessuti circostanti. Questo tipo di intervento chirurgico viene eseguito in anestesia generale o spinale.

La microchirurgia del varicocele inizia con una piccola incisione subinguinale sinistra. Quindi, il chirurgo utilizza un microscopio per identificare le vene dilatate e le isolate dal resto del tessuto circostante. Una volta isolate, il chirurgo collega le vene dilatate per ridurre la pressione sulle vene del testicolo.

Vantaggi della microchirurgia del varicocele

La microchirurgia del varicocele offre numerosi vantaggi rispetto ad altre opzioni di trattamento. In primo luogo, ha un tasso di successo più elevato. Secondo uno studio, il tasso di successo della microchirurgia del varicocele è superiore al 90%. In secondo luogo, la microchirurgia del varicocele ha un minor rischio di complicazioni post-operatorie rispetto all’intervento chirurgico tradizionale. Infatti, la microchirurgia del varicocele può essere eseguita in modo ambulatoriale e il paziente può tornare a casa lo stesso giorno dell’intervento.

Rischi della microchirurgia del varicocele

Anche se la microchirurgia del varicocele è una procedura mini-invasiva, ci sono ancora alcuni rischi associati. I rischi includono infezione, sanguinamento e reazione allergica all’anestesia. Tuttavia, questi rischi sono rari e possono essere minimizzati con una buona preparazione pre-operatoria e un attento monitoraggio post-operatorio.

Recupero dopo la Microchirurgia del Varicocele

Il tempo di recupero dopo la microchirurgia del varicocele dipende dal paziente e dalla gravità della condizione. In generale, i pazienti possono tornare alle normali attività quotidiane entro pochi giorni dall’intervento. Tuttavia, è importante evitare attività fisica intensa per diverse settimane e seguire le istruzioni del medico per garantire una corretta guarigione.

La microchirurgia del varicocele è un’opzione di trattamento altamente efficace e sicura per il varicocele. Offre un tasso di successo elevato e un minor rischio di complicazioni rispetto all’intervento chirurgico tradizionale. Tuttavia, come per qualsiasi procedura chirurgica, ci sono ancora alcuni rischi associati. Prima di decidere se la microchirurgia del varicocele è la giusta opzione di trattamento per te, è importante discutere i rischi e i benefici con il tuo medico.

In definitiva, la microchirurgia del varicocele può migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti con varicocele. È importante cercare cure mediche tempestive per la diagnosi e il trattamento del varicocele per evitare complicanze a lungo termine. Con una corretta preparazione pre-operatoria e un attento monitoraggio post-operatorio, la microchirurgia del varicocele può essere un’opzione di trattamento sicura ed efficace per i pazienti con varicocele.

La disfunzione erettile (DE) viene definita come l’incapacità di ottenere e mantenere un’erezione tale da garantire un rapporto sessuale soddisfacente per la coppia. Indicata spesso con il termine di “impotenza”, la DE è un disturbo molto diffuso che può presentarsi a qualsiasi età, ma è più frequente negli uomini di età superiore ai 45-50 anni. Si tratta di un problema comune, che secondo alcune stime colpisce circa il 30% degli uomini sopra i 40 anni di età e il 50% degli uomini sopra i 70.

L’età è sicuramente il fattore di rischio principale considerando che, con il passare degli anni, si modificano molteplici caratteristiche legate all’erezione, quali il tempo per ottenere l’erezione, quello per il mantenimento della stessa e la fase di refrattarietà fra un’erezione e quella successiva.

La disfunzione erettile è anche conosciuta come “erezione debole” e può avere un impatto significativo sulla qualità della vita sessuale dell’uomo e sulla salute mentale e fisica in generale.

Come funziona il meccanismo dell’erezione

Per capire a fondo la disfunzione erettile, è importante conoscere come funziona l’erezione in condizioni normali.

L’erezione è legata alla vascolarizzazione del pene ed è regolata dall’afflusso di sangue nei corpi cavernosi. Questi ultimi sono due condotti spugnosi presenti nel pene, che trattengono il flusso sanguigno arterioso durante l’erezione. In fase di riposo, il sangue affluisce al pene per via arteriosa e defluisce per via venosa in maniera regolare. Durante l’erezione, tuttavia, l’afflusso arterioso aumenta, penetrando nei corpi cavernosi e riducendo il deflusso venoso.

Il meccanismo è regolato dalla stimolazione sensoriale che attiva determinate aree cerebrali, le quali, a loro volta, stimolano il sistema vascolare del pene. Si ottiene, in tal modo, una vasodilatazione, che aumenta la capacità di contenere il flusso venoso all’interno del pene, lo ingrossa e lo irrigidisce fino al momento dell’eiaculazione.

Cause della disfunzione erettile

La DE può essere causata da una varietà di fattori che possono essere fisici, psicologici e legati all’uso di alcuni farmaci.

Tra i fattori fisici che possono causare la DE ci sono malattie cardiovascolari, diabete, ipertensione, malattie renali, malattie del fegato, disturbi ormonali, problemi neurologici, malattie del pene, traumi al pene o alla pelvi e l’uso di farmaci come antipsicotici, antidepressivi, antistaminici e farmaci per la pressione alta.

Tra i fattori psicologici che possono causare la DE troviamo ansia, depressione, stress, problemi di relazione e traumi psicologici. La DE può anche essere causata da una combinazione di fattori fisici e psicologici.

Come abbiamo visto sin qui, la DE può avere molte cause ed è importante identificare quella giusta per trattarla efficacemente e in maniera definitiva, quando possibile.

In base al meccanismo con cui funziona l’erezione, la disfunzione erettile può essere causata da tutti quei fattori che interferiscono con il sistema nervoso e con la circolazione sanguigna. Spesso, alla base di questa patologia ci sono disfunzioni ormonali, vascolari, endocrino-metaboliche, neurologiche e psicologiche. A questo si aggiungono, in modo dirompente, la vita di coppia e lo stile di vita, specie nei giovani (alcool, fumo, droghe, obesità, etc.); di qui la necessità di una completa anamnesi rivolta alla ricerca di tutte quelle condizioni che possono scatenere l’insorgenza della disfunzione erettile.

Allo stesso tempo, un ruolo centrale è svolto dalla visita andrologica che permette di analizzare i genitali esterni e la prostata, passi importantissimi per un corretto inquadramento andrologico, in senso sia diagnostico che prognostico-terapeutico.

Ad ogni modo possiamo classificare le cause principali che inducono la DE in tre macrocategorie:

  • cause vascolari (DE arteriogenica o venogenica)
  • cause neurogene
  • cause psicogene e/o ormonali.

Esistono condizioni predisponenti che, nonostante non siano cause dirette, portano ad aumentare notevolmente il rischio di DE. Esse possono essere legate a stili di vita sbagliati (vita sedentaria, obesità, fumo), assunzione di determinati medicinali, come quelli per il controllo dell’ipertensione, difficoltà metaboliche (diabete, ipercolesterolemia) o conseguenze di interventi chirurgici.

 

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Condizioni predisponenti

Il fumo è una condizione predisponente estremamente connessa alla disfunzione erettile. La quantità di sigarette e la frequenza giornaliera sono direttamente proporzionali all’affiorare del deficit erettile. Associato ad altre condizioni predisponenti, il rischio aumenta in maniera esponenziale.

Cause vascolari

Le cause vascolari possono riguardare un malfunzionamento di tipo arterioso, nel caso in cui il deficit sia determinato da un irregolare afflusso di sangue al pene, oppure di tipo venoso, quando le patologie venose impediscono al sangue di uscire dal tessuto cavernoso del pene. Patologie, come l’aterosclerosi, l’ipertensione arteriosa o incidenti di tipo cardiovascolare sono cause molto frequenti di deficit erettile.

Cause neurogene

Le patologie neurologiche che interferiscono maggiormente sul sistema nervoso e possono causare una disfunzione erettile sono la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. Anche le terminazioni nervose periferiche, se danneggiate, possono contribuire al deficit erettile.

Cause psicogene

Le cause psicogene sono da non sottovalutare nell’analisi del deficit erettile. I fattori scatenanti sono spesso legati allo stress o alla cosiddetta “ansia da prestazione”, causa frequente soprattutto nelle fasce d’età più basse. Alla causa psicogena spesso si accompagnano alterazioni di tipo organico.

Cause ormonali

Patologie ormonali legate alla DE sono quelle di ipogonadismo, in cui avviene una riduzione dei livelli di testosterone, oppure di iperprolattinemia, che invece determina un aumento di prolattina con conseguente deficit erettile legato al calo del desiderio sessuale e infertilità.

Le fasi della diagnosi

L’obiettivo della diagnosi della DE è definirne la causa. La prima fase consiste nell’intervistare il paziente e sottoporlo, eventualmente, ad un questionario specifico, IIEF (Indice Internazionale della Funzione Erettile), in grado di chiarire gli aspetti legati all’attività sessuale e allo stile di vita. Seguono poi un esame obiettivo da parte dell’andrologo e la prescrizione di analisi mirate a riconoscere le cause sopra citate.

E’ necessaria una completa valutazione ormonale e metabolica volta a scovare patologie che possono essere misconosciute da parte del paziente. Infatti, la Disfunzione Erettile può essere definita “sintomo campanella” e, sempre più spesso, è premonitrice di patologie sistemiche molto serie (ipertensione, ipogonadismo, disfunzioni tiroidee, diabete mellito, patologie cerebro e cardiovascolari, dislipidemie, malattie neurologiche degenerative, etc.)

Gli esami di primo livello, ossia le analisi di laboratorio, verificano la presenza di patologie come diabete, il dosaggio di glicemia, colesterolemia, trigriceridemia e degli ormoni che influiscono sulla funzione erettile, quali testosterone, prolattina, estradiolo, FSH, LH. In base ai risultati ottenuti, si procede agli esami di secondo livello, sottoponendo il paziente ad Eco-color-doppler penineo (esame ultraspecialistico): esso mira alla valutazione dell’anatomia delle strutture peniene, in particolare, permette di escludere alterazioni anatomiche e funzionali a carico delle arterie del pene (arterie cavernose), rivestendo un ruolo prognostico fondamentale.

Trattamento della disfunzione erettile

Ci sono diverse opzioni di trattamento disponibili per la DE, tra cui farmaci, terapia psicologica e interventi chirurgici. La scelta del trattamento dipenderà dalle cause della DE e dalle preferenze del paziente.

Chirurgia

La chirurgia trova indicazione nelle forme più gravi di DE. Gli interventi chirurgici per la DE, infatti, sono solitamente riservati ai pazienti che non hanno risposto ai farmaci o alla terapia psicologica. Un esempio di intervento chirurgico per la DE è l’impianto di protesi peniena, un dispositivo che viene inserito chirurgicamente nel pene e consente di avere un’erezione artificiale. Infatti, gli stadi più avanzati delle patologie dismetaboliche, prime fra tutte il Diabete Mellito, e i danni iatrogeni legati alla chirurgia pelvica oncologica (tumore del retto e tumore della prostata), si possono associare a forme molto gravi di disfunzione erettile che oggi, grazie ai continui avanzamenti nel campo della tecnologia biomedica, possono essere risolte in modo definitivo grazie a protesi peniene di ultima generazione, estremamente affidabili.

Farmaci per la disfunzione erettile

I farmaci più comuni utilizzati per il trattamento della DE sono gli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5), come il sildenafil (Viagra), il tadalafil (Cialis), il vardenafil (Levitra), avanafil (spedra). Questi farmaci agiscono aumentando il flusso di sangue al pene, favorendo l’erezione. I farmaci devono essere assunti prima del rapporto sessuale, a seconda delle necessità, e possono avere, in rari casi, effetti collaterali, tra cui mal di testa, congestione nasale, rossore al viso e disturbi visivi.

Terapia psicologica per la disfunzione erettile

La terapia psicologica può essere utile per gli uomini che presentano DE causata da fattori psicologici, come ansia, stress o problemi di relazione. La terapia può aiutare a identificare e affrontare i problemi sottostanti e migliorare la salute mentale generale del paziente.

Prevenzione della disfunzione erettile

Ci sono alcune misure preventive che gli uomini possono adottare per ridurre il rischio di sviluppare la DE. Ad esempio, adottare uno stile di vita sano, che includa una dieta equilibrata, l’esercizio fisico regolare e l’evitare il fumo, può aiutare a mantenere la salute cardiovascolare e ridurre il rischio di sviluppare la DE. Inoltre, moderare il consumo di alcolici può aiutare a ridurre il rischio di problemi di erezione.

Conclusioni

Riassumendo quanto abbiamo visto sin qui, la disfunzione erettile è un problema comune che può avere un impatto significativo sulla qualità della vita sessuale e sulla salute mentale e fisica in generale degli uomini. Ci sono diverse cause della DE, tra cui fattori fisici, fattori psicologici e l’uso di alcuni farmaci. Esistono anche diverse opzioni di trattamento disponibili per la DE, tra cui farmaci, terapia psicologica e interventi chirurgici.

La scelta del trattamento dipenderà dalle cause della DE e dalle preferenze del paziente. Gli uomini che presentano problemi di erezione devono parlare con il proprio medico per identificare la causa del problema e trovare il trattamento più adatto per loro. E’ importante, in caso di disfunzione erettile, rivolgersi al dottor Alessandro Izzo, andrologo, urologo e sessuologo a Napoli, per ottenere un consulto professionale in grado di indagare sulle cause del problema, con l’obiettivo di individuare il trattamento più adatto.

fimosi

La fimosi è una condizione medica che si verifica quando il prepuzio (il tessuto che copre la testa del pene) non si ritrae facilmente. La fimosi può essere una fonte di disagio e di problemi di salute per molti uomini, e può anche causare dolore durante i rapporti sessuali o la masturbazione. In alcuni casi, la circoncisione può essere raccomandata come soluzione per questa patologia.

In questa guida parleremo a 360 gradi della fimosi e spiegheremo cosa fare dopo la circoncisione per prevenire complicanze.

Cos’è la fimosi

La fimosi, come annunciato all’inizio di questo articolo, è una patologia legata alla congenita o acquisita perdita di elasticità della cute del pene (prepuzio).

La maggior parte degli uomini non circoncisi riesce dopo i primi 10 anni a ritrarre il prepuzio dal glande; per alcuni invece, spiega il Dottor Izzo, Urologo e Andrologo a Napoli, questa operazione potrebbe essere difficoltosa o impossibile fino all’età adulta.

La anelasticità del prepuzio rende difficoltoso o impossibile lo scorrimento di quest’ultimo sul glande, con importanti ripercussioni sulla qualità della vita sessuale del paziente.

Inoltre la fimosi si può associare al frenulo breve, ed entrambe queste condizioni possono essere trattate nello stesso momento mediante l’intervento chirurgico di circoncisione e plastica prepuziale con una completa restitutio ad integrum dell’organo.

Tipi di fimosi

Esistono due tipologie diverse di fimosi: la fimosi serrata (anche detta “fimosi vera”) e la fimosi non serrata (detta anche “fimosi relativa”).

La fimosi non serrata è la forma più diffusa e lieve poiché permette di scoprire il glande quando il pene non è eretto. In questa maniera è possibile urinare e curare l’igiene del pene, ma tuttavia si avranno difficoltà quando il pene è eretto e quindi nei rapporti sessuali.

La fimosi serrata, invece, impedisce l’esposizione del glande anche quando il pene non è eretto, rendendo difficile anche urinare e mettendo il pene stesso a rischio di contrarre un’infezione.

Quando il prepuzio si blocca subito dietro il glande, si ha una condizione detta “parafimosi” in cui la circolazione può ostruirsi. Gli uomini o i ragazzi di tutte le età con questa condizione patologica dovrebbero subito consultarsi con un andrologo o andare in ospedale.

Cause della fimosi

Le cause della fimosi sono diverse, ma spesso questa patologia è causata da una predisposizione genetica o da una cicatrice che si è formata sul prepuzio dopo un’infezione o un trauma. Ecco dunque una carrellata di possibili cause della fimosi:

Il tessuto cicatriziale

Le infezioni possono creare cicatrici al prepuzio, il che potrebbe rendere la pelle meno elastica. Il tessuto diventa più duro e ciò può rendere difficile il retrarsi del prepuzio.

Condizioni mediche

Se si ha il diabete è molto più probabile contrarre la balanite, un’infezione della punta del pene. Parlate con il vostro medico della vostra storia medica, così da poter trattare la balanite in modo corretto.

Invecchiamento

Gli stessi cambiamenti che si verificano sul viso con l’età – come le rughe – capitano anche al prepuzio. Si hanno maggiori probabilità di contrarre la fimosi se si verifica un minor numero di erezioni.

 

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Sintomi della fimosi

I sintomi della fimosi includono dolore o fastidio durante l’erezione, dolore durante i rapporti sessuali o la masturbazione, e infiammazione del prepuzio. Se si sospetta di avere la fimosi, è importante rivolgersi a un medico per una diagnosi e un trattamento adeguati.

In entrambe le condizioni (fimosi e parafimosi), lo slittamento del prepuzio si interromperà impedendo la completa esposizione del glande. Si potrebbero anche verificare le seguenti situazioni:

  • Nel bagno: il prepuzio si potrebbe espandere quando si urina, come un pallone, e ciò può essere doloroso. Si potrebbe vedere anche del sangue nelle urine (ematuria). Il flusso potrebbe sembrare più debole rispetto al normale
  • Quando si hanno rapporti sessuali: si potrebbe avere dolore con un’erezione
  • Infezioni: è possibile contrarre infezioni del tratto urinario. I sintomi includono sangue nelle urine, dolore o bruciore alla minzione, sensazione di stimolo urinario anche quando la vescica è vuota, e dolore o pressione nella parte bassa dell’addome o alla schiena.
  • Dolore al prepuzio
  • Anello bianco: l’apertura del prepuzio ha un anello bianco che assomiglia al tessuto cicatriziale.

Trattamento della fimosi

È possibile ottenere un trattamento ambulatoriale da un andrologo o da un urologo. Il trattamento dipende dalla gravità della condizione. Il medico prenderà inoltre in considerazione la causa del problema e chiederà quale tipo di soluzione si preferisce.

Si possono raccomandare:

  • Una crema steroidea, che si applica al prepuzio più volte al giorno per diverse settimane. L’obiettivo della terapia topica steroidea è unicamente la risoluzione dei sintomi, non permette la risoluzione della patologia
  • La circoncisione e plastica prepuziale, unica vera terapia risolutiva.

Diagnosi di fimosi

L’esame obiettivo permette la diagnosi di fimosi (parziale o serrata). Lo specialista andrà a valutare le caratteristiche della fimosi, la presenza e l’estensione del cercine fibroso che causa la fimosi e l’eventuale associazione del frenulo breve.

Inoltre, il ruolo dell’andrologo scrupoloso è quello di ricercare eventuali condizioni mediche, dismetaboliche, associate spesso alla fimosi, come, in primis, il Diabete Mellito, specie nelle forme acquisite dell’adulto.

Chirurgia della fimosi

La terapia della fimosi è chirurgica.

L’intervento è quello di circoncisione e plastica del prepuzio. La circoncisione è una procedura chirurgica che prevede la rimozione del prepuzio. Questa procedura viene spesso raccomandata come soluzione per la fimosi, soprattutto nei casi in cui la fimosi stessa è severa e non può essere trattata con altre opzioni.
circoncisione

Vengono utilizzati dei fili di sutura a rapido riassorbimento evitando al paziente una fastidiosa rimozione dei punti di sutura. Generalmente questo intervento viene eseguito in anestesia locale, in ambulatorio o in ospedale, oppure sotto anestesia generale, a seconda delle scelte del paziente e del medico. Può essere eseguito mediante l’ausilio del laser.

Un aspetto tecnico molto importante, e decisivo in termini risolutivi, è rappresentato dal tipo di approccio. L’intervento di circoncisione deve essere radicale, l’obiettivo deve essere quello di rimuovere completamente il prepuzio fimotico. Molto spesso, soprattutto sul web, si vede descritto l’intervento di circoncisione definito come “parziale”, che permetterebbe di preservare una certa escursione prepuziale. Tuttavia tale tipo di approccio può favorire un decorso post operatorio molto più complicato e comportare la recidiva della fimosi.

Recupero dopo la circoncisione

Dopo la circoncisione, è normale sperimentare un po’ di dolore e infiammazione nella zona circostante. Per gestire il dolore, il medico può prescrivere antidolorifici o analgesici.

È importante mantenere l’area pulita e asciutta dopo la circoncisione per prevenire infezioni e altre complicanze. Per pulire l’area, si consiglia di utilizzare acqua tiepida e sapone neutro, o disinfettante specifico, e di asciugare delicatamente la zona con una garza morbida.

Durante il periodo di recupero, è importante evitare attività fisiche intense e rapporti sessuali per almeno 4-6 settimane dopo la procedura. Inoltre, è importante evitare di sollevare oggetti pesanti o fare movimenti bruschi che potrebbero causare dolore o danneggiare la zona circostante.

In alcuni casi, il medico può prescrivere antibiotici per prevenire infezioni o altre complicanze post-operatorie.

Dopo la circoncisione, è normale sperimentare un certo grado di disagio e di gonfiore nella zona circostante. Questi sintomi dovrebbero gradualmente migliorare nel giro di pochi giorni, ma è importante segnalare qualsiasi sintomo insolito o segno di infezione al medico.

Conclusioni

La circoncisione può essere una soluzione efficace per la fimosi, ma è importante discutere i rischi e le complicanze con il proprio medico prima di sottoporsi alla procedura. Dopo la circoncisione, è importante seguire le istruzioni del medico per il periodo di recupero e mantenere l’area pulita e asciutta per prevenire infezioni e altre complicanze.

I condilomi genitali, noti anche come verruche veneree o condilomi acuminati, sono uno dei tipi più comuni di infezioni a trasmissione sessuale. Una verruca genitale, spiega il Dottor Izzo, Urologo e Andrologo a Napoli, è una infezione della pelle nella zona genitale o anale, che può coinvolgere le mucose del retto, della cervice e della vagina.

Il condiloma si presenta come una massa grappolosa sui genitali esterni dell’uomo o della donna o nell’ano. Sono causa del contatto sessuale con una persona infetta da papillomavirus umano (HPV); di solito sono benigni (non-cancerosi), ma molti sottotipi hanno il potenziale per mutare in cancerosi. Ci sono oltre 100 differenti tipi di HPV che possono causare verruche, ma solo un piccolo numero di ceppi possono causare verruche genitali. I tipi 6 e 11 di HPV sono responsabili del 90% dei casi di condilomi genitali.

I fattori di rischio

  • Avere rapporti sessuali non protetti
  • Avere rapporti sessuali non protetti con molte persone diverse
  • Fare sesso con una persona la cui storia sessuale è sconosciuta
  • Il sesso orale aumenta il rischio di verruche genitali nella bocca
  • Stress e altre infezioni virali (come l’HIV o l’Herpes)

Prestazione Clinica

La manifestazione clinica dell’infezione da HPV è il condiloma, che può essere piano o acuminato, a seconda delle caratteristiche obiettive. La sede più frequente in cui si manifestano è il solco balano-prepuziale. Non raramente possono essere localizzati alla base del pane, sul solco peno scrotale o, persino in zona perineale e perianale.

Possono essere localizzati anche a livello orofaringeo.

Diagnosi

  • Le donne possono sviluppare verruche genitali sulla vulva (labbra intorno alla vagina), cervice uterina (ingresso dell’utero), cosce , all’interno della vagina, internamente e esternamente all’ano.
  • gli uomini possono sviluppare verruche genitali sul pene, sullo scroto (sacca che contiene i testicoli), nell’uretra (il condotto che trasporta l’urina), sulle cosce, internamente e esternamente all’ano.

Il  medico può diagnosticare le verruche genitali se esse sono visibili. L’esame può comportare l’ispezione della vagina o dell’ano. In rare occasioni, può essere fatta una biopsia.

A volte, anche se non vengono rilevate le verruche, il medico o l’infermiere possono chiedere al paziente di tornare in un secondo momento. Le verruche visibili potrebbero infatti apparire mesi dopo il contagio.

Trattamento e Chiurgia

Il trattamento è volto all’eliminazione dei condilomi visibili e e il conseguente calo del numero di virus presenti. Se la quantità di virus può essere abbassata, il sistema immunitario del paziente ha una migliore possibilità di combatterli. I condilomi possono inoltre esser rimossi chirurgicamente o mediante la loro cauterizzazione.

I seguenti trattamenti possono essere efficaci per sbarazzarsi dei condilomi genitali:

  • Farmaci immunomodulanti – sottoforma di crema o liquido che vengono applicati direttamente sulle verruche per un paio di giorni ogni settimana. Il trattamento può continuare per diverse settimane.
  • Crioterapia – le verruche sono congelate, spesso con azoto liquido. Il congelamento provoca una cicatrice attorno alla verruca. Quando la pelle inizia a rigenerarsi, la verruca retrocede permettendo alla nuova pelle di prendere spazio.
  • Elettrocauterizzazione – con questo trattamento la corrente elettrica viene usata per distruggere la verruca.
  • Chirurgia – la verruca verrà asportata interamente. Verrà applicato un anestetico locale.
  • Trattamento laser – Viene utilizzato un fascio di luce ad alta energia per distruggere la verruca.

I Calcoli renali (litiasi renale, nefrolitiasi), spiega il Dottor Izzo, Urologo e Andrologo a Napoli, sono depositi di minerali e sali cristallizzati che si formano all’interno dei reni.

I calcoli renali possono formarsi per diverse cause e possono colpire qualsiasi parte del tratto urinario – dai reni alla vescica. Spesso, i calcoli si formano quando si concentra eccessivamente l’urina, permettendo ai minerali di cristallizzare e aggregarsi. Il passaggio dei calcoli renali all’interno del sistema genito-urinario può essere molto doloroso, ma di solito i cristalli non causano danni permanenti se sono riconosciuti in modo tempestivo. A seconda della situazione, potrebbe essere necessario niente di più che assumere degli antidolorifici e bere molta acqua per una espulsione semplice. In altri casi – per esempio, se i cristalli si fermano in uno dei tratti delle vie urinarie, vi si possono associare complicazioni come l’ infezione – e può essere necessario un trattamento ambulatoriale o chirurgico.

Sintomi

Un calcolo renale può non causare sintomi fino a quando non inizia a muoversi all’interno reni o quando imbocca l’uretere – il condotto che collega il rene e la vescica. A quel punto, si possono verificare questi segni e sintomi:

  • Forte dolore nella parte inferiore della schiena e sotto le costole;
  • Dolore che si irradia al basso addome e inguine;
  • Dolore intermittente e di intensità oscillante;
  • Dolore durante la minzione;
  • Urine colorate di rosso, rosa o marrone;
  • Urina torbida o maleodorante;
  • Nausea e vomito;
  • Persistente necessità di urinare;
  • Febbre e brividi se vi è infezione;
  • Espulsione di piccole quantità di urina;

Il dolore causato da un calcolo renale può cambiare – aumentare o diminuire di intensità – quando il cristallo si muove attraverso il tratto urinario.

Tipi di calcoli renali

I calcoli renali di solito sono:

  • Calcoli di calcio. La maggior parte dei calcoli renali sono cristalli di calcio, di solito sotto forma di ossalato di calcio. L’ossalato è una sostanza naturale che si trova negli alimenti e è sintetizzata anche dal fegato. Alcuni tipi di frutta e verdura, così come noci e cioccolato, hanno elevato contenuto di ossalati. Fattori dietetici, alte dosi di vitamina D, la chirurgia di bypass intestinale e diversi disturbi metabolici possono aumentare la concentrazione di calcio o di ossalato nelle urine. I Calcoli di calcio possono verificarsi anche sotto forma di fosfato di calcio. Questo tipo di minerale è più comune nelle condizioni metaboliche, quali acidosi tubulare renale. In alcuni casi si possono formare calcoli di fosfato di calcio.
  • Calcoli di struvite. I Calcoli di struvite si formano in risposta ad un’infezione, come ad esempio un’infezione delle vie urinarie. Questi cristalli possono crescere rapidamente e diventare abbastanza grandi, a volte con pochi sintomi o poco preavviso.
  • Calcoli di acido urico. I calcoli di acido urico possono formarsi nelle persone che non bevono abbastanza liquidi o che perdono troppi liquidi, quelli che hanno una dieta ricca di proteine, e coloro che soffrono di gotta a altre malattie dismetaboliche (diabete mellito)
  • Calcoli di cistina. Questi cristalli si formano nelle persone con una malattia ereditaria che provoca un’aumentata espulsione renale di alcuni aminoacidi (cistinuria).

Diagnosi

Tra i test diagnostici abbiamo:

  • L’esame del sangue. Gli esami del sangue possono rivelare anomalie nella concentrazione di calcio o di acido urico nel sangue. I risultati dei test del sangue aiutare a monitorare la salute dei reni.
  • Test delle urine. Il test raccolta delle urine delle 24 ore può mostrare se si sta espellendo troppi minerali e controllare il pH urinario.
  • Esami di imaging come l’ecografia, l’RX e la Tomografia Computerizzata (TC) possono essere dirimenti in senso diagnostico e fornire importanti informazioni sulla localizzazione precisa dei calcoli all’interno del tratto urinario e sulle caratteristiche anatomiche del paziente affetto da calcolosi urinaria.

Trattamento

Il trattamento per calcoli renali varia, a seconda del tipo di calcolo e della causa scatenante.

Piccoli calcoli con sintomi minimi

La maggior parte dei calcoli renali di piccole dimensioni non richiedono un trattamento invasivo. Si può essere in grado di espellere il cristallo:

  • Bevendo acqua. Bere fino da 2 a 3 litri d’acqua al giorno può aiutare molto. A meno che il medico raccomandi il contrario, bere molta acqua aiuta anche ad avere una urina più chiara e trasparente.
  • Assumendo antidolorifici. Il passaggio dei calcoli nel sistema urinario può causare qualche disagio. Per alleviare il dolore medio e lieve, il medico può raccomandare antidolorifici come l’ibuprofene, il paracetamolo (tachipirina) o il ketorolac e il naprossene sodico che hanno anche un attività antiedemigena e, conseguentemente, favoriscono l’espulsione del calcolo.
  • Facendo una terapia farmacologica. Il medico può dare un farmaco per contribuire all’espulsione del calcolo renale. Questo tipo di farmaci, conosciuti come alfa-bloccanti (es. tamsulosina), rilassano le muscolature lisce nel vostro uretere, favorendo il passaggio del calcolo renale in modo più rapido e meno doloroso.

Grandi calcoli

I Calcoli renali che non possono essere trattati con misure conservative – sia perché sono troppo grandi o perché causano emorragie, danni renali o infezioni del tratto urinario – possono richiedere alcuni trattamenti più intensivi:

  • Onde sonore per litotrissia. Per alcuni calcoli renali – a seconda delle dimensioni e della posizione – l’urologo può raccomandare una procedura chiamata litotrissia extracorporea ad onde d’urto (ESWL). ESWL utilizza le onde sonore per creare forti vibrazioni (onde d’urto) che rompono i cristalli in piccoli pezzi che possono essere trasportati più facilmente dalle urine fino all’esterno. La procedura può avere una durata anche superiore ai 30′ e può causare dolore moderato, prevenuto con sedazione o antidolorifici per via endovenosa.
  • Intervento chirurgico per rimuovere calcoli molto grandi nel rene. Una procedura chiamata nefrolitotomia percutanea prevede chirurgicamente la rimozione di un calcolo renale con piccoli telescopi e strumenti inseriti attraverso una piccola incisione sulla schiena. Altra tecnica utilizzata è quella mediante l’ureteroscopia semirigida o flessibile. Attraverso questi strumenti è, infatti, possibile risalire fino alle cavità renali partendo dall’uretra e attraverso dispositivi dedicati, frantumare e rimuovere il calcolo.

Le vie escretrici si distinguono in basse (vescica e uretra) e alte vie (papille, calici e pelvi renale insieme con gli ureteri).

L’urotelio, o epitelio di transizione, spiega il Dottor Izzo, Urologo e Andrologo a Napoli, è il particolare tipo di membrana che riveste le vie urinarie.

Il tumore dell’urotelio, detto più frequentemente “carcinoma uroteliale”, può prendere origine in qualsiasi tratto delle vie urinarie, anche se è più consueta la localizzazione vescicale, proprio in virtù della sua funzione di serbatoio di urine. I tumori uroteliali si manifestano solitamente dopo i 40 anni e l’età media in cui si verifica gran parte dei casi è di 65 anni.

Il carcinoma uroteliale si posiziona fra i primi quattro tumori più frequenti dopo prostata, mammella, polmone e neoplasie al colon retto, ma quello relativo specificamente alle alte vie urinarie è poco frequente. Il 90% dei tumori uroteliali, infatti, compare a livello di vescica e uretra, mentre solo il 5-6% compare alle alte vie urinarie.

Il carcinoma alle alte vie urinarie può svilupparsi su uno o ambo i lati senza prevalenza di lateralità e colpisce due abitanti su 100.000 all’anno. Il carcinoma uroteliale colpisce maggiormente il sesso maschile con un rapporto maschio/femmina pari a 3/1.

Fattori di rischio

I fattori di rischio principali sono rappresentati principalmente dal fumo di sigaretta, che ne aumenta il rischio da 2 a 7 volte, e da agenti chimici presenti nelle concerie di pellami, nelle industrie chimiche, tessili, petrolchimiche e plastiche. Altri fattori di rischio ricorrenti sono l’abuso di caffè, di analgesici, di ciclofosfamide e di vernici o tinture per capelli. Fattori di rischio possono essere anche genetici eredo-familiari nel 10/15% dei casi.

Evoluzione

La crescita del carcinoma nelle alte vie urinarie comporta spesso una dilatazione a monte del condotto urinario. Se il tumore ha sede ureterale, si può verificare una ureteroidronefrosi ( accumulo di urina nel rene che si trasforma in una sacca piena di liquido con conseguente dilatazione dell’uretere), se si presenta in corrispondenza del giunto pielo-ureterale, un’idronefrosi (accumulo di urina all’interno del rene), mentre se si manifesta in un collettore caliceale si verifica un’idrocalice (dilatazione di un singolo calice).

Il carcinoma nelle alte vie urinarie si manifesta come lesione sulla parete uroteliale. Si riscontra che, nel 40% dei casi, i tumori alle alte vie urinarie sono multifocali, cioè tendono ad impiantarsi in altri punti della mucosa, soprattutto a causa dell’esfoliazione delle cellule tumorali dalla parete che rimangono in sospensione nelle urine, come succede anche nel caso di tumore alla vescica. Tale dato è significativo in quanto rende comprensibile come una percentuale del 37-40% dei pazienti che abbiano sviluppato un tumore alle alte vie urinarie sia inevitabilmente predisposta a subire lesioni multicentriche anche nel tratto vescicale. La diffusione di cellule neoplastiche, infatti, avviene dall’alto verso il basso e la vescica, che fa da serbatoio, ha sede nel punto più sfavorevole. La diffusione, però, può avvenire anche nel senso opposto se è presente un reflusso vescico-ureterale.

Se non trattata, la lesione si fa più profonda e penetra la sottomucosa dell’urotelio (chorion) e poi lo strato muscolare, per poi arrivare alla sierosa (il rivestimento esterno della vescica). Fino al chorion la lesione si presenta ancora poco pericolosa. Risulta maggiore la pericolosità quando la lesione arriva allo strato muscolare, avvicinandosi alla possibile diffusione negli organi vitali. L’evoluzione del carcinoma può giungere alla metastasi a distanza di fegato, ossa, polmoni e intestino.

Prestazione Clinica

Il carcinoma uroteliale dell’alta via escretrice ha una manifestazione clinica subdola.

Può, infatti, mimare la sintomatologia di una colica renale e/o può determinare una progressiva ostruzione urinaria che può esitare nell’esclusione funzionale di un dei due reni.

uret mia

L’ematuria (sangue nelle urine) è il reperto tipico del carcinoma, può precedere la sintomatologia tipo colica renale e questa caratteristica va indagata durante la raccolta anamnestica in quanto costituisce un importante elemento nella diagnosi differenziale.

L’ematuria, infatti, in caso di colica renale, segue l’episodio acuto caratterizzato dall’accesso doloroso e legato al passaggio del calcolo che può ferire le vie urinarie.

Diagnosi

L’ecografia dell’apparato urinario può permettere lo studio dei reni e del tratto esplorabile degli ureteri, oltre che della vescica.

Essendo però l’uretere non esplorabile eco graficamente in tutta la sua lunghezza, l’esame diagnostico d’elezione è rappresentato dalla URO-TC.

L’esame URO-TC può essere seguito da una ureteroscopia diagnostica, associata a biopsia e/o esame citologico urinario selettivo che consiste nel prelievo selettivo delle urine provenienti dall’uno o dall’altro rene.

Terapia

Dopo adeguata stadiazione della patologia può essere posta l’indicazione alla Nefroureterectomia che consiste nell’asportazione del rene, dell’uretere omolaterale e del tratto di vescica che viene attraversato dall’uretere, compreso l’ostio ureterale.

A questo si associa l’asportazione dei linfonodi retroperitoneali tributari dei linfatici provenienti dalle alte vie urinarie.

In alcuni casi selezionati (paziente monorene anatomico o funzionale, malattia bilaterale, etc) può essere proposta una chirurgia conservativa dove vengono asportate le lesioni superficiali (non infiltranti la parete muscolare) attraverso ureteroscopia, attraverso accesso percutaneo o ancora mediante accesso combinato.

Il tumore alla prostata, spiega il Dottor Izzo, Urologo e Andrologo a Napoli, è la neoplasia più frequente del genere maschile, soprattutto in età avanzata, ma la prognosi è molto buona se diagnosticato tempestivamente. Infatti, molti tumori diagnosticati non si rivelano aggressivi ed hanno una evoluzione molto lenta, rimanendo confinati alla prostata. Purtroppo, oltre alle forme meno aggressive, esistono alcune forme di adenocarcinoma prostatico che, invece, tendono a metastatizzare, ovvero acquisiscono la capacità di diffondersi rapidamente ad altre parti del corpo.

La prostata

La prostata è una ghiandola del sistema riproduttivo maschile ed ha la funzione di produrre parte del liquido seminale. Essa è situata fra la vescica ed il retto ed ha la dimensione di una castagna.

Sintomi

Nella stragrande maggioranza dei casi, il tumore della postata è completamente sintomatico. Tuttavia, l’ingrossamento della prostata può provocare alterazioni a carico dell’apparato urinario o di quello riproduttivo. I sintomi associati all’aumento delle dimensioni della prostata possono essere:

  • difficoltà durante la fase iniziale della minzione;
  • dolore quando si urina;
  • incontinenza urinaria;
  • sangue nelle urine;
  • sensazione di non aver urinato abbastanza;
  • disfunzione erettile.

Fattori di rischio

Il tumore alla prostata è più frequente nella popolazione maschile che ha:

  • età al di sopra dei 50 anni;
  • familiarità per tumore prostatico;
  • razza afro-americana;
  • alterazioni dello stile di vita: dieta ricca di grassi saturi, sedentarietà, obesità;

Prestazione clinica

Il tumore della prostata è, nella quasi totalità dei casi, del tutto asintomatico, se non nelle fasi molto avanzate.

L’esplorazione digito-rettale ha un ruolo centrale nella valutazione clinica del paziente e viene consigliata, in assenza di familiarità, a partire dal cinquantesimo anno di età.

In caso di familiarità è opportuno iniziare la prevenzione molto prima tra i 40 e i 45 anni.

Diagnosi

La scoperta del PSA (Antigene Prostatico Specifico) ha permesso di rivoluzionare il mondo urologico favorendo un incremento nella diagnosi del tumore prostatico.

Tanti pazienti, purtroppo, si sottopongono alla sola valutazione del PSA ematico senza considerare che non esistono valori di normalità del PSA ma, bensì, valori di basso rischio, ignorando l’importanza del valore di PSA nel corso del tempo e in rapporto alle dimensioni della ghiandola prostatica.

Pertanto, la visita specialistica e il dosaggio del PSA sono i due elementi imprescindibili ed inseparabili per sospettare il tumore alla prostata.

Il passo successivo è rappresentato dall’ecografia transrettale che in alcuni casi può essere suggestiva, specie se correlata al quadro clinico, di neoplasia prostatica.

Oggi sta acquisendo sempre più importanza nello studio del paziente con sospetto tumore della prostata, la Risonanza Magnetica multiparametrica che, associando allo studio anatomico, quello funzionale, permette di avere una maggiore sensibilità e specificità in caso di neoplasia prostatica.

La diagnosi del tumore alla prostata è istologica e, pertanto, è necessario sottoporre il paziente a biopsia prostatica. Questa può essere eseguita per via transrettale eco guidata o transperineale eco guidata e consiste nel prelievo di almeno 12 frustoli di parenchima prostatico ai fini della valutazione anatomopatologica.

Da pochi anni a questa parte, in caso di Risonanza Magnetica suggestiva per neoplasia, è possibile mirare i prelievi attraverso la cosiddetta Fusion Biopsy: si tratta di un software molto evoluto che permette la fusione delle immagini della Risonanza a quelle dell’ecografia transrettale permettendo di eseguire un mapping mirato delle biopsie.

Chirurgia

La terapia chirurgica del tumore alla prostata consiste nell’asportazione della prostata e delle vescicole seminali e, se indicato, dei linfonodi pelvici.

La terapia del tumore della prostata è molto articolata e, pertanto, l’indicazione chirurgica deve essere valutata con lo specialista uroandrologo di riferimento che ha l’obbligo di fornire tutte le informazioni relative non solo ai diversi approcci chirurgici (Robot Assistito, a cielo aperto e laparoscopico), ma anche alle possibili alterantive (Terapia sistemica, Radioterapia).

L’intervento di prostatectomia radicale è gravato da complicanze che possono impattare notevolmente sulla qualità di vita del paziente:

  • la disfunzione erettile;
  • l’incontinenza urinaria;

Tuttavia oggi, grazie alle nuove conoscenze e, soprattutto, alle nuove tecnologie (Prostatectomia Radicale Robot Assistita) è possibile ottenere risultati oncologici eccellenti associati ad una drastica riduzione dell’incidenza di queste complicanze.

Il Frenulum breve, o frenulo breve, è una condizione in cui il frenulo del pene, che è una fascia elastica di tessuto che collega il glande al prepuzio, è troppo breve e pertanto limita il movimento del prepuzio. Il frenulo normalmente dovrebbe essere sufficientemente lungo ed elastico per consentire la completa retrazione del prepuzio in modo che il movimento risulti agevole anche con il pene eretto.

Il frenulo breve è spesso causa di “fastidio” durante il rapporto sessuale. La sintomatologia, a volte dolorosa, è legata alla trazione esercitata dal frenulo sulla superficie ventrale del prepuzio. Nei casi più spinosi, può determinare una lacerazione, parziale o completa, della cute prepuziale

Il frenulo breve può quindi provocare anche la lacerazione dello stesso, causando dolore nei rapporti
sessuali.
Talvolta si possono erroneamente diagnosticare problemi psicosessuali. La lacerazione parziale del frenulo può provare il rimarginamento con un tessuto cicatriziale che è meno flessibile, per cui dopo l’incidente si possono generare ulteriori difficoltà. La diagnosi di frenulo breve è quasi sempre confusa con quella di fimosi, dal momento che il sintomo è la difficoltà  di retrazione del prepuzio. La maggior parte degli uomini con fimosi hanno anche il frenulo breve in una certa misura.

 

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Quali sono i gradi di brevità?

Ci sono vari gradi di brevità. Lo stesso grado di brevità visibile può avere conseguenze diverse a seconda di dove sono presenti i nervi (l’area dietro il glande e sotto il pene ha una grande quantità di nervi).

  • Grado breve
    Il frenulo può essere tlmente breve che non vi è in realtà alcun frenulo. Il prepuzio può essere attaccato al glande o anche direttamente sotto l’apertura urinaria del glande. Se è possibile un qualche minimo movimento, il prepuzio tenderà sempre a scivolare in avanti e ritrarsi verso il glande. Gli effetti di questo grado possono ostacolare la penetrazione e/o causare dolore

  • Grado meno breve
    Con questo grado di patologia del frenulo breve, solo una parte del prepuzio può essere retratta dietro il glande e la penetrazione sessuale può essere effettuata. Tuttavia, è più probabile che causi dolore o lacerazione durante l’erezione. E ‘stato riportato che con questo grado di patologia, lacerazioni o rotture possono verificarsi anche dopo diversi anni di attività sessuale. 

Prestazione Clinica

Il frenulo breve può causare una lacerazione della cute prepuziale durante i rapporti sessuali.

Infatti il paziente, proprio a causa dell’emorragia che segue alla lacerazione, ha come primo riferimento il medico di famiglia o il Pronto Soccorso.

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Prestazione Diagnostica

L’esame obiettivo andrologico ne permette un agevole diagnosi nella totalità dei casi senza il ricorso ad indagini diagnostiche.

Prestazione Chirurgica

la plastica del frenulo viene eseguita in regime ambulatoriale, in anestesia locale e permette una completa restituito ad integrum dell’organo dopo circa due settimane.